Nostri concittadini di ieri e di oggi
Partire dalle persone. Tornare sempre alle persone.
Che cosa hanno in comune questi nomi? Brencich, Bucich, Chersich, Crisman, Crulcich, Curcovic, Duiz, Deling, Giachin, Giurin, Host, Jakelich, Jelich, Jurman, Laube, Legovich, Lucon, Luksich, Materglian, Mayerle, Nacinovich, Ober, Pandja, Pozan, Raccamarich, Segnan, Simcich, Sirk, Stipcevich, Tentor, Vesnaver, Viscovich… e tanti altri ancora…
Sono cognomi di cittadini del nostro territorio. Appartengono ad esuli provenienti dal confine nordorientale.
Nostri connazionali diventati nostri concittadini. Persone sfuggite a uno dei momenti più travagliati del secolo scorso, approdate qui e qui rimaste, pur coltivando un forte legame con i luoghi delle origini, dove hanno perduto affetti e relazioni, prima ancora che beni materiali.
Da un lato, le foibe; dall’altro l’esodo da est. Una forma di “pulizia etnica”. L’eliminazione di quanti costituivano un ostacolo per il nuovo potere titoista in Jugoslavia.
Ma guai a rileggere la storia con gli occhi del passato. Oggi dobbiamo rileggere quella pagina della nostra storia con maggiore serenità e adesione alla verità dei fatti per come essi sono accaduti rivolgendo la nostra attenzione soprattutto alle vittime e a quanti patirono delle ingiustizie.
Vediamo meglio. Con l’espressione “foibe” ci si riferisce alle violenze di massa, a danno principalmente, ma non esclusivamente, di italiani, avvenute in due ondate, nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945.
Contestualmente e successivamente si verificò l’esodo di centinaia di migliaia di persone, un fenomeno protratto nel tempo, concentrato dal 1944 al 1956, ma con alcune partenze prima e dopo tali date. Un esodo non di tutta la popolazione residente nell’area – e cioè i territori già facenti parte dell’Italia durante il regime fascista e, a diverso titolo, passati sotto il controllo jugoslavo – ma soprattutto di una componente nazionale, quella italiana.
Nel riconsiderare quei fatti con animo sgombro da pregiudizi, è giusto ricordare che le violenze tra il 1943 e il 1945 costituiscono anche una reazione a quelle legate alla presa del potere fascista e alla politica di occupazione. Ciò non giustifica, aiuta a capire meglio quel che è accaduto.
Mai trascurare che dalle macerie della seconda guerra è nata guerra fredda: l’Europa spaccata in due blocchi contrapposti. Trieste tornata definitivamente all’Italia solo il 26 ottobre 1954.
Dopo tanti decenni dobbiamo guardare ai Balcani con uno sguardo nuovo, considerando lo stesso mare Adriatico sempre meno un elemento di separazione, sempre più di coesione internazionale. Ciò riguarda il nostro Paese, ma, in particolare, la nostra regione, per tanti motivi, storici e geografici. Perché la tragedia balcanica, di cui l’esodo e le foibe sono un terribile capitolo, possa avere un approdo in un’Europa di pace e di cooperazione, proprio perché il sacrificio delle vittime costituisca una nuova speranza che ci impegna verso il futuro.
A questo invita la Giornata del Ricordo, il 10 febbraio, fissata dalla legge n. 92 del 30 marzo 2004. Nel frattempo, sono trascorsi 80 anni. Per fortuna dalle macerie della seconda guerra mondiale è cresciuto, pur tra tante difficoltà, il progetto europeo. Al 1941 risale il Manifesto di Ventotene, per un’Europa libera e unita, preparato con lungimiranza da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, ma anche Ursula Hirschmann, durante il confino presso l’isola di Ventotene, poi pubblicato nel 1944, giustamente considerato un fondamento dell’Unione Europea.
Dal 1° luglio 2013 la Croazia è entrata nell’Unione Europea; dal 1° gennaio 2023 nell’area dell’euro. L’Adriatico è un ponte che deve unire, non dividere.
Per queste ragioni l’IIS “Francesco Albeghetti” partecipa all’iniziativa denominata Treno del Ricordo, promossa dal Ministero dell’istruzione e del merito e organizzata nel nostro contesto territoriale dall’UST di Bologna. Tale iniziativa prevede un allestimento tematico all’interno di un treno, finalizzato a “raccontare” le condizioni di viaggio degli esuli, la loro resistenza passiva e la speranza della rinascita. Il treno farà tappa in diverse regioni e sosterà nella stazione di Bologna il giorno domenica 18 febbraio. Una delegazione di studenti accompagnati dai docenti parteciperà insieme al dirigente scolastico.
Inoltre, si invitano i docenti a valutare l’opportunità per trarre in questo periodo - prima del 10 febbraio e in vista del 18 febbraio - motivi per promuovere, nelle loro classi, nello spirito della libertà di insegnamento, e, al contempo, della partecipazione degli studenti alla vita civile del Paese, occasioni per elaborati, letture, approfondimenti, rivisitazioni sul Giorno del Ricordo.
Marco Macciantelli
Dirigente scolastico IIS “Francesco Alberghetti”